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Scusa

Nella mia famiglia d’origine, la parola “scusa” non è mai stata molto utilizzata. Non parlo dello “scusa” intercalare, tipo se si pestano i piedi a una persona. Parlo di una scusa vera, quella che a volte per esprimerla richiede coraggio, capacità di messa in discussione, un passo indietro ammettendo di avere sbagliato. È un passaggio necessario per evitare che una piccola colpa si trasformi in senso di colpa. Il senso di colpa, mea culpa mea culpa, è così cattolico, pesante, ridondante. Ma neanche la parola “grazie”, sempre quella vera intendo, si utilizzava spesso. Neanche mi dispiace. “Ti voglio bene” invece, almeno mia nonna, lo diceva ogni tanto.


 

In my family of origin, the word “sorry” was never used much. I am not talking about the kind of “sorry” if you step on someone's toes. I'm talking about a real “sorry”, the kind of “sorry” that sometimes requires courage, the ability to question, a step back admitting you were wrong and express it. It's a necessary step to prevent a small fault from turning into guilt. The sense of guilt, mea culpa mea culpa, is so Catholic, heavy, redundant. But not even the word thank you, always the real one I mean, was never used much. “I love you “ instead, at least my grandma, she said it every now and then.



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