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Mimosa

Quella volta alle elementari, quando mia madre e il marito vennero a prendermi prima a scuola, era inizio marzo. Avevano pensato di farmi un piacere e di portarmi a Roma a prendere la mimosa per la festa della donna. Questo significava andare nelle campagne vicino la capitale a rubare la mimosa, visto che all’Aquila é troppo freddo e la pianta non cresce e visto che rubarla conveniva più che comprarla. Io in quel vecchio furgone mi sentivo a disagio, stretto tra mia madre e lui, forse anche qualcuno dei miei fratelli e la puzza di cane, fiori marci e sigarette. Faceva freddo, non sapevo arrampicarmi oltre le ringhiere per andare a rubare la mimosa e avevo una paura fottuta che ci beccassero. Mi sentivo fuori posto, volevo tornare a casa. Con mamma ho sempre fatto fatica a sentirmi a casa, ma con lui proprio non ce la facevo, anche se mi sforzavo. La sua mascolinità, la sua virilità machista, mi mettevano in estremo imbarazzo. Mi sentivo giudicato come pappamolle, cosa che ero e che in realtà non mi creava grandi problemi, se ero a casa con mio nonno. I problemi nascevano fuori, quando venivo confrontato a tutte le idee, dinamiche, gestualità e battute connesse alla cosiddetta mascolinità egemonica. Il cameratismo, le pacche sulle spalle, la forza fisica, la grandezza del cazzo, il coraggio, le pacche sul culo, il torso nudo, i peli sul petto e bla bla bla. Mi paralizzavo e continuo a paralizzarmi. Se vuoi toccarmi il culo, provaci, forse mi fa anche piacere! Se c’hai il cazzo più grosso, te lo succhio volentieri, anche se é più piccolo. Il petto villoso te lo accarezzo e il coraggio te lo mostro quando ti permetto di incularmi.


 

That time in elementary school, when my mother and her husband came to pick me up early from school, it was early March. They thought they would do me a favor, taking me to Rome to get mimosas for Women's Day. This meant going to the countryside near Rome to steal the mimosa, since it is too cold in L'Aquila and the plant does not grow, and since stealing it was cheaper than buying it. I was uncomfortable in that old van, squeezed between my mother and her husband, maybe even some of my brothers and the stench of dog, rotten flowers and cigarettes. It was cold, I didn't know how to climb over the railings to go steal mimosas, and I was scared shitless that we would get caught. I felt out of place, I wanted to go home. With mum I always struggled to feel at home, but with him I just couldn't do it, even if I tried hard. His masculinity, his macho virility, made me extremely embarrassed. I often felt judged as a wimp, which I was and which actually did not cause me much of a problem if I was at home with my grandfather. The problems arose outside, when I was confronted with all the ideas, dynamics, gestures and jokes connected to the so-called hegemonic masculinity. The camaraderie, pats on the back, physical strength, dick size, courage, butt pats, bare torso, chest hair and blah blah blah. I felt paralyzed and continue to feel paralyzed. If you want to touch my ass, try! I may like it! If you have a bigger cock, I'll gladly suck it, even if it's smaller. I'll caress your hairy chest and show you my courage when I allow you to fuck me.



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